Abbiamo più volte detto che il pubblico che oggi si rivolge alle biblioteche è diverso per caratteristiche culturali da quello che lo ha preceduto. Questo non è vero solo nei confronti della Net Generation, ma anche nei confronti degli adulti che chiedono modelli nuovi di biblioteca.
Una cosa che sempre colpisce i bibliotecari è la confusione che si ingegnera nell’utente “della strada” tra biblioteca e libreria, spesso usati come sinonimi. Probabilmente la maggior parte delle persone che ci circondano frequentano le librerie, magari saltuariamentem senza nemmeno comprare un libro, ma entrano per curiosare, perchè fuori piove, per bere un caffè sulle sedie di design, ma quanti fanno lo stesso con una biblioteca?
Il rapporto biblioteca-libreria deve per forza essere antitetico o può configurarsi come un arricchimento reciproco?
Per la serie ” Un altro mondo è possibile” ecco a voi gli Ideastore, descritti e commentati in un bellissimo articolo di Anna Galluzzi sull’ultimo numero di Bibliotime.
Da grande voglio fare la vetrinista di biblioteca 🙂
Ma la realizzazione di un modello veramente originale di biblioteca ispirato alla libreria va ben al di là della presenza di spazi di ristorazione e di intrattenimento, o dell’ampliamento degli orari di apertura: esso infatti si basa su un’approfondita analisi e condivisione delle scelte e delle caratteristiche organizzative, che invece hanno fin qui costituito i fattori di differenziazione di queste due strutture, pure così simili da tanti punti di vista, nel rispetto delle rispettive autonome finalità e nella consapevolezza dell’impossibilità di un’assimilazione.
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Non esiste invece praticamente alcuna tradizione da questo punto di vista nelle biblioteche, innanzitutto perché tradizionalmente gli edifici bibliotecari sono piuttosto introversi e non prevedono l’esistenza di vetrine esterne, in secondo luogo perché le biblioteche devono fare i conti con l’unicità delle copie dei documenti e le necessità legate alla circolazione. In realtà, si tratta in qualche misura di un circolo vizioso, ossia le biblioteche non hanno sviluppato la capacità di gestire uno spazio di vetrina perché non l’hanno mai avuto e, contemporaneamente, le vetrine non fanno parte dell’immaginario bibliotecario dei progettisti chiamati a realizzare nuove biblioteche. Nel caso degli Idea Stores questo trend è stato almeno parzialmente invertito; infatti, le pareti del piano terra sono quasi sempre trasparenti e affacciate sulla strada, quindi vengono spesso utilizzate come vetrine per mostrare sia parti della raccolta sia l’attività interna della biblioteca.
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La sensazione è che le librerie abbiano vissuto molte delle criticità e abbiano attraversato molti degli interrogativi che caratterizzano oggi il dibattito sulla biblioteca pubblica contemporanea. Parecchie delle risposte e delle strade che esse hanno intrapreso, molti dei dubbi che ne accompagnano l’attuale sviluppo sono del tutto simili a quelli che si riconoscono nella letteratura biblioteconomica: dalla valorizzazione dello spazio fisico come spazio di relazione e di socializzazione alla riflessione sulle modalità espositive, al ripensamento dell’offerta dei servizi, ai rapporti tra strutture di dimensioni diverse, fino alla ricerca di un apprezzabile compromesso tra standardizzazione e personalizzazione del servizio.
Sotto i video Ideatore Whitechapel London e Coffe Morning Disco dalla bibliografia dell’articolo citato